29 settembre 2014
A Cesana l’ultimo tentativo di furto: in undici per razziare la pista da bob di Torino 2006
A lasciare l’amaro in bocca era già stata la decisione, annunciata a metà settembre, di non riaprire più l’impianto, un’infrastruttura tra le più avanzate nel settore: la pista di bob di Cesana Pariol, costruita per Torino 2006. Lì dove Armin Zoeggeler vinse l’oro olimpico nello slittino, 11 persone sono state arrestate ieri dai carabinieri di Susa: sono state sorprese a rubare rame. Per loro, un team di smontatori professionisti, organizzati come una squadra, questo doveva essere il colpo dell’anno. Invece li hanno beccati in flagrante, quando erano già riusciti a smontare una montagna di cavi di «oro rosso»: quasi tremila chili.
Un fenomeno, quello dei furti di rame, che non accenna a diminuire. «Nel 2013 abbiamo notato un calo del 4,3% rispetto al 2012. Ma è un miglioramento impercettibile. Gli episodi ci sono, continuano e creano sempre più problemi sia in Italia che nel resto d’Europa». Franco Fiumara è il direttore centrale della Protezione aziendale del gruppo Ferrovie dello Stato. Fa parte dell’Osservatorio nazionale sui furti di rame nato due anni fa all’interno del dipartimento di Pubblica sicurezza della Polizia e che coinvolge forze dell’ordine, Fs, Enel, Telecom e Anie, la Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche. I dati resi noti finora dall’organismo raccontano che nei primi sei mesi del 2013 i furti di rame sono stati circa undicimila. Il 12%in più rispetto allo stesso periodo di un anno prima, con un aumento di denunce e arresti attorno al 40%. C’è chi si porta via le grondaie e chi saccheggia i fili dell’illuminazione pubblica lasciando interi paesi al buio. Si depredano i cimiteri e si ruba lungo le linee ferroviarie. Da gennaio a maggio 2014 Fs stima che siano stati saccheggiati 343 mila chili di rame per un danno economico di 3 milioni e 700 mila euro. Risultato: treni fermi e non solo. «Ci sono i costi per ricomprare il materiale e le canaline che lo contengono. Talvolta vengono letteralmente sradicate e non si possono riutilizzare».
Fiumara paragona il sistema criminale che sta dietro al fenomeno a quello del mercato della droga. «Qualcuno dirige l’import-export del rame rubato e altri sbarcano il lunario facendo il lavoro sporco». Disperati come gli undici arrestati a Cesana. Di solito sono loro che rivendono il materiale rubato ai rottamai che si occupano di una prima trasformazione del metallo, poi ceduto a strutture più grandi. «Qualcuno lo utilizza per farne nuovamente cavi, altri lo mandano all’estero ma non è escluso che poi la stessa partita non rientri in qualche modo in Italia». Oggi il valore del rame è di circa 6,14 euro al chilo. Cento chili ne fanno quasi 700. «È un materiale che fa gola. Per questo si ruba». Ciò che aiuta è la mancanza di tracciabilità delle compravendite. Troppo spesso l’oro rosso si paga in contanti. Chi acquista non conosce chi vende e nemmeno sa da dove proviene il materiale. Così l’illegalità fiorisce. Un aspetto su cui l’Osservatorio sta lavorando. Un’idea c’è già. Fiumara la svela: «Vorremmo creare un consorzio a cui debbano essere comunicati tutti i dati e i dettagli delle operazioni di acquisto e cessione di rame». La stessa strada già intrapresa da Francia e Germania.
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