6 maggio 2014
In casa sua sequestrati un kalashnikov, nove pistole e 400 proiettili
Per tutti, fino all’altro giorno, Bruno Ghidoni era «una brava persona». Un 54enne che viveva con l’anziana madre, sempre lo stesso lavoro da operaio metalmeccanico, il medesimo bar, i soliti amici. Mai avuto una grana con la giustizia. Un insospettabile.
Seconda vita
Ma Ghidoni aveva una seconda vita. Quella che, ora continua in carcere, dopo che i carabinieri di Leinì, nel suo alloggio hanno trovato un arsenale. Gli investigatori ritengono che l’uomo fosse il custode delle armi di una banda di elevato spessore criminale. In grado di assaltare banche e furgoni portavalori blindati in tutta Italia. E di essere pronti ad ingaggiare conflitti a fuoco con le forze dell’ordine. Insomma grandi delinquenti legati alla criminalità organizzata. Per questo Ghidoni, quando i militari, comandati dal capitano Roberto Capriolo, gli sono piombati in casa, si è chiuso in un silenzio assoluto.
Arsenale sotto il letto
Proprio lì nascondeva, chiusi in tre borsoni di pelle, un Kalashnikov calibro 7,62 a raffica, con la matricola abrasa e senza il calciolo per poterlo nascondere sotto gli abiti. Poi una Colt Defender semiautomatica, una Beretta calibro 9 corto, una semiautomatica marca Industria Armi Galesi 7,65, poi ancora una Beretta, una Mauser – Werke, un revolver 357 Smith & Wesson e altre tre pistole di grosso calibro. Una semiautomatica, pronta all’uso, era appoggiata sul comodino accanto al letto.
Poi sono sbucati pure 400 proiettili di diverso calibro, un lampeggiante colore blu per auto del tipo in uso alle forze di polizia, una paletta senza matricola riportante la dicitura «Ministero della Difesa Carabinieri» con il logo della Repubblica e due manette. Insomma il kit necessario per fingersi dei carabinieri in caso di fuga.
Le indagini
Mesi fa i carabinieri di Leinì, avevano arrestato Giovanni Bernardo Peroglio Biasa, un contadino di 61 anni. Anche nella sua cascina venne scoperto un arsenale. Da lì, gli inquirenti, sono arrivati a Ghidoni, considerato, però, ad un livello molto superiore. In queste ore gli specialisti dei carabinieri stanno cercando di verificare se le armi sequestrate abbiano sparato in passato. Tutte le pistole sono rubate: a Milano, Pavia, Torino, Genova, Livorno, Vercelli, Modena. Questo, per gli investigatori, lascia intendere che la banda operava con un raggio d’azione molto ampio.
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