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L’Angolo del Legale: il Convegno del 31 marzo a Milano

6 maggio 2014

L’Angolo del Legale: il Convegno del 31 marzo a Milano

L’Angolo del Legale: il Convegno del 31 marzo a Milano

Il giorno 31 marzo 2014 in Milano – Corso Venezia, Palazzo Castiglioni – nella sede di Confcommercio Imprese per l’Italia si sono riuniti gli avvocati consulenti delle diverse FNAARC provinciali italiane.

La riunione è stata aperta dall’intervento del Presidente Corsi che, a nome della FNAARC, ha dato il benvenuto agli ospiti, lasciando poi la parola all’Avv. Agostino Petriello che ha aperto i lavori.
Nel corso dell’incontro, con il contributo di tutti, si sono approfonditi i seguenti temi:
1) Possibilità di deroga agli AEC di diritto comune

I presenti hanno ovviamente concordato sulla diversità fra gli Accordi Economici Collettivi validi erga omnes e gli accordi economici di diritto comune. Relativamente a questi ultimi non v’ha dubbio che essi trovano applicazione per i soggetti iscritti alle associazioni sindacali stipulanti ovvero alle parti che, nei contratti individuali, esplicitamente o implicitamente ne abbiano fatto espresso richiamo o applicazione. Si è altresì sottolineato come l’AEC del Commercio 16 febbraio 2009, emendato nel 2010, abbia chiarito al terzo punto delle premesse che l’AEC deve essere considerato un complesso normativo unitario e inscindibile nel senso che non è data alle parti private la possibilità di espungere dall’AEC le disposizioni che intendono applicare tralasciando le altre perché, come espresso chiaramente dai paciscenti collettivi, o lo si applica tutto o non lo si applica affatto.
Ancora nelle premesse dell’AEC Commercio viene ribadito che sono fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla Legge o dalla contrattazione integrativa, quindi la deroga alla contrattazione collettiva è possibile solo ove costituisca un trattamento di miglior favore per l’agente, rimanendo invece preclusa possibilità diversa.

2) Differenza fra agente di commercio e procacciatore d’affari

L’argomento ha appassionato i sindacalisti, gli avvocati ed i funzionari presenti, che unanimemente hanno denunziato l’abusivo ricorso alla figura del procacciatore d’affari per bypassare le garanzie legali, sindacali e previdenziali approntate in favore degli agenti di commercio.
Le mandanti hanno ovviamente tutto l’interesse a far passare per procacciatore d’affari chi, nella sostanza, è un vero e proprio agente al solo fine di non riconoscere il preavviso, l’indennità dovuta in caso di cessazione del rapporto e non regolarizzare la posizione contributiva.
E’ però emersa nel contempo anche la necessità che siano gli operatori i primi a doversi tutelare da tale indegna prassi commerciale, anche se tutti non hanno potuto non concordare sul fatto che la gravissima crisi economica spinge specialmente i giovani ad accettare qualsiasi condizione lavorativa purché venga data una opportunità. Ciò posto, si è ricordato che, anche se il Giudice non può sic et simpliciter prescindere dal nomen iuris che le parti hanno dato al contratto, è altrettanto vero che, ove vi sia una discrepanza abissale fra ciò che è scritto e ciò che invece emerge dalla prassi, il Giudice, ove richiesto, qualifica il rapporto per quello che esso è veramente.
Si è infine convenuto, né si poteva fare diversamente in ragione della copiosa e costante giurisprudenza sul punto, che la differenza fra il contratto di agenzia e quello di procacciamento d’affari consista nella stabilità e continuità del rapporto. Stabilità e continuità che non sono caratteristiche da definire solo nell’ambito della sfera temporale, essendo essenzialmente modalità che si dilatano anche verso la professionalità, l’impegno, la conoscenza, il reddito principale se non addirittura unico.

3) Attività di propaganda

Altro argomento che ha appassionato tutti i presenti è stata la relazione che nel contratto di agenzia deve sussistere fra l’attività di propaganda e la conclusione degli affari.

Si è discusso di una sentenza data dalla Corte di Cassazione l’8 luglio 2008 n. 18686, per la quale: “Va conseguentemente escluso il diritto alle provvigioni ove i prodotti della preponente vengano offerti a enti e soggetti pubblici, nella specie, strutture ospedaliere o aziende sanitarie pubbliche, non essendo ipotizzabile un convincimento ad ordinare il prodotto, ma mera propaganda, atteso il vincolo delle procedure amministrative di evidenza pubblica in materia di conclusione di contratti”. Trattasi di pronunzia della Suprema Corte che appare sicuramente conforme al disposto legislativo quale è stato promulgato nel 1942, in un contesto economico-commerciale totalmente diverso da quello odierno. Nel 1942, infatti, parlare di vendite tramite Internet o addirittura di vendite per corrispondenza era fantascienza, oggi la realtà si è modificata ma la Legge, nel nostro caso, nulla ha recepito di tale modifica lasciando, come al solito, alla Magistratura un dovere/potere di supplenza che i Giudici non possono comunque ad libitum esercitare rimanendo vincolati, come sono, all’applicazione della Legge. Ed allora, se il Legislatore non prende atto di quanto è successo nella realtà commerciale, a tanto provvedano almeno le parti sociali che sono libere, nella contrattazione collettiva, di precisare in che modo l’attività di propaganda debba collegarsi alla conclusione degli affari al fine di realizzare la fattispecie prevista dall’art. 1742.

E’ chiaro che questa appassionante tematica, prima che giuridica, è sindacale. Sono infatti i sindacalisti a dover decidere se allargare le maglie del contratto di agenzia ricomprendendovi diverse figure professionali ovvero stringerle sempre più escludendo tutto ciò che non sia rigorosamente rispondente ai requisiti legali. Per intenderci, al di là del camuffare il contratto di agenzia sotto le mentite spoglie del procacciamento ovvero dissimulare con il contratto di agenzia un rapporto di lavoro subordinato, si tratta di decidere se portare nell’ambito che ci interessa diverse e varie figure nate con i continui mutamenti della realtà commerciale che ad oggi, con la riforma Fornero, non trovano peraltro più tutela nemmeno con la copertura della “partita IVA” e quindi, sotto questo profilo, costituiscono materia di grandissimo interesse anche per le mandanti.
Ultimo ma non ultimo argomento a favore di una rivisitazione di questa giurisprudenza è offerto dalla direttiva comunitaria n. 653/86, per la quale l’agente di commercio è colui che è incaricato in maniera permanente ditrattare la vendita o l’acquisto di merci. Trattare, quindi, e non promuovere la conclusione degli affari, definizione che allarga moltissimo il campo operativo dell’agente.

4) Retribuzione dell’agente

Prendendo anche qui spunto dalla direttiva comunitaria n. 653/86, in particolare dall’art. 6, si è unanimemente convenuto che la retribuzione dell’agente può anche contenere una componente fissa oltre a quella variabile, nella consapevolezza che non può essere solo la modalità della retribuzione a modificare la natura giuridica di un contratto, essendo detta natura la risultante di vari e concordanti elementi.

5) Patto di non concorrenza post-contrattuale

Il patto di non concorrenza post-contrattuale è stato altro tema oggetto di discussione. Innanzitutto si è sgombrato il campo dal considerare legittima la rinunzia unilaterale in corso di contratto o addirittura al momento della risoluzione del predetto impegno sia da parte della mandante sia da parte dell’agente. La fattispecie che ha più interessato è stata quella del riconoscimento del patto di non concorrenza post-contrattuale nell’ipotesi di dimissioni dell’agente per il conseguimento della pensione di vecchiaia Enasarco. In ipotesi siffatta si è sostenuto da parte di talune case mandanti che le dimissioni collegate al pensionamento per vecchiaia escludono la possibilità di fare concorrenza e di conseguenza fanno venir meno l’obbligo di corrispondere la relativa indennità.
Tali deduzioni non hanno alcun pregio giuridico, posto che l’agente che abbia raggiunto la pensione di vecchiaia Enasarco può continuare a svolgere l’attività di agente di commercio, non essendo a ciò ostativa alcuna norma di Legge civilistica, fiscale e/o previdenziale.

6) Rischi penali connessi all’attività

In relazione ai potenziali rischi penali connessi all’attività professionale dell’agente, il primo reato da evidenziare è quello di appropriazione indebita (art. 646 c.p.). Tale delitto di natura esclusivamente dolosa si perfeziona con l’interversione del titolo di possesso. La procedibilità di fatti connessi l’attività dell’agente è certamente d’ufficio, e non a querela di parte come prevede la norma in esame, in ragione della presenza di relazioni di prestazioni d’opera tra i soggetti (art. 61 n. 11 c.p.). E’ opportuno sottolineare che la Corte di Cassazione ha precisato recentemente l’illiceità della compensazione tra un debito ed un credito, salvo questo sia certo liquido ed esigibile.
Poi, ricordando le parole del prof. Elia – Presidente emerito della Corte Costituzionale – per le quali l’ufficio dell’agente è la propria vettura, una seconda area di rischio è certamente quella dell’omicidio colposo, o delle lesioni colpose, connesse ad incidente stradale ovvero ad una condotta caratterizzata da imprudenza o imperizia da parte del conducente. Va ricordata anche la c.d. guida in stato di ebbrezza ovvero con tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro (art. 186 Codice della Strada), e la guida in stato di alterazione per uso di sostanze stupefacenti (art. 187 Codice della Strada).
Altra potenziale area di rischio è quella del diritto penale tributario, ricordando il fatto che tali delitti recano una soglia sotto la quale il fatto non è punibile (30.000 € o 50.000 € a seconda dei diversi tipi di reato preveduti dal D.Lgs. n. 74 del 2000).

7) Procedure fallimentari

Ultimo ma non ultimo è stato affrontato l’ulteriore argomento, purtroppo di grande interesse in questo momento, delle procedure fallimentari, ricordando la sentenza data dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione il 16 dicembre 2013 n. 27986, per la quale: “La disposizione di cui all’art. 2751-bis, n. 3, c.c., inserito dall’art. 2 della legge n. 426 del 1975, deve essere interpretata, in conformità con l’art. 3 Cost. ed in sintonia con la ratio sottesa all’art. 2751-bis c.c., nel senso che il privilegio dei crediti ivi previsto non assiste i crediti per provvigioni spettanti alla società di capitali che eserciti l’attività di agente”. Ovviamente tale massima è stata intesa nel senso che il privilegio compete alle società di persone.


Questi gli argomenti principali sui quali ci si è intrattenuti e che dovranno costituire oggetto di ulteriori approfondimenti.
Si è parlato però anche di altro e l’incontro si è concluso con la consapevolezza di ognuno di noi che ciò che abbiamo appreso è stato di gran lunga maggiore di quello che abbiamo offerto ai nostri amici. Ovviamente quello che avete sin qui letto è solo un sunto sommario di quanto è avvenuto. Si è dibattuto molto di più e a nome dei Colleghi voglio dire un sincero grazie ai Sindacalisti ed ai Funzionari delle varie ASCOM presenti per il contributo che hanno dato, non solo di alto contenuto tecnico ma anche di sentita partecipazione alle problematiche umane che vivono ogni giorno insieme agli iscritti al Sindacato, ai quali non fanno mai mancare né gli opportuni consigli operativi né la solidarietà e la vicinanza umana.

Ancora grazie.
Agostino Petriello

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